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VERITA' - 1

L’Inferno, ragionavo, doveva essere qualcosa di molto simile a questo: un gran cicaleccio, un gran frastuono. Per produrlo, bastava dare ad ogni singola particella una capacità sonora, la possibilità di generare un minuscolo rumore. Nell’insieme, irraggiungibile per la sintesi, indomabile, doveva apparire come un agghiacciante confusione, una immensità insensata dove ogni voce si perdeva. Ma, al contrario, doveva anche essere una volontà percettiva, una intenzione nell’ascoltatore, ossia il desiderio altrettanto insensato di porre un ordine al caos. Ecco: doveva essere, l’Inferno, l’ottusa caparbietà, la pretesa, di trovare un ordine alla moltitudine. Infatti, il suono, non bastava produrlo. Serviva anche ascoltarlo, riceverlo. In definitiva, dunque, l’Inferno doveva essere non solo un gran cicaleccio, ma anche e soprattutto prestare orecchio con intenzione. Saggio è colui che si accontenta dello spettacolo del mondo, scriveva un secolo fa Pessoa. Il Paradiso, allora, era considerare il caos come un fenomeno spettacolare a cui assistere senza coinvolgimento. O forse ancora, come scriveva un altro tale dieci anni addietro, il segreto, nella tempesta, è essere mare e non spiaggia.
Il pendio del monte si copriva di ampelodesma, cisto, timide e coriacee palme nane. Il fuoco generava la prateria. Il cisto, in particolare, germoglia favorito dalle fiamme, dopo gli incendi. I suoi semi restano inattivi per anni e in attesa. Il profilo delle gole, denunciava antico fluire di fiume, le acque primordiali che si ritirano scendendo per gravità al mare. Così, allo stesso modo, la vita: scendeva, per gravità. La vita era cosa grave. Nella moltitudine delle sue sembianze, dei suoi tentativi, nelle selvagge ibridazioni, vedevo un’anima occupare ogni spazio alienabile, provare qualsiasi direzione. Anche l’essere umano era una direzione. Anche la plastica, il petrolio, il nucleare. Sembrava quasi che la vita cercasse emancipazione dalla sua condizione di dipendenza. Ma questo solo a considerare vivo ciò che mi avevano insegnato. Alla mia educazione, guardando le vette e i crinali brulli, la vita sembrava povera. E di questo anche ragionavo: la povertà sembrava poter essere una scelta.